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In un'epoca in cui i ristoranti sembrano fatti con lo stampino, stessi menu e stessi arredamenti ideati dagli stessi studi di architettura, è un piacere entrare in locali unici nel loro genere, perché sono il risultato negli anni delle personali idee dei vari proprietari.
A questa seconda categoria appartiene l'Ambasciata orsarese.
All'inizio, in passato, proponeva la sostanziosa cucina di Orsara, nella parte montuosa della provincia combinata con i prodotti della fiorente agricoltura del tavoliere in un menu fisso molto abbondante, in cui almeno vino e pane erano prodotti direttamente dalla famiglia.
Con il passaggio di gestione di padre in figlio, c'è stata una curiosa ibridazione.
Dal punto di vista dell'ambientazione, una bicicletta appesa sul soffitto è comparsa in una delle due sale, in mezzo alle tovaglie damascate, ai pesanti mobili anni '50 su cui sono appoggiate vecchie bottiglie e al vecchio chitarrista, verosimilmente di famiglia, che "allieta" l'atmosfera con repertorio di musica leggera italiana.
E nel menu fisso, in cui le porzioni sono talvolta ridotte, a fianco ai piatti tradizionali sono comparsi altri di ispirazione più creativa.
Ad esempio, il giorno che siamo andati noi, un lunedì a pranzo, assieme a piatti tradizionali come il baccalà, fave e cicoria, verdure sottaceto, torcinelli e paccanelli, pancotto con salsiccia, sono arrivati parmigiana di borragine, fiore di zucca ripieno, tartufo nero con uovo di quaglia, cavatelli asparagi, finocchietto e funghi cardoncelli.
L'ordine di arrivo dei piatti, e anche l'intervallo, apparentemente casuali, in realtà sembrano dipendere da quello che c'è da servire agli altri tavoli.
Nei dolci, che quel giorno erano Babà panna e fragole, torta al cioccolato e biscotto di pasta frolla con canditi, la creatività ha evidentemente molta strada da fare. In generale i piatti tradizionali si fanno ancora preferire.
Le bevande invece sono ancora quelle di una volta: il vino orsarese senza etichetta, caffè orgogliosamente fatto con la moka, liquori fatti in casa con bottiglia lasciata sul tavolo.
Il conto è stato di 25 euro a testa, tutto compreso, per un'esperienza seppur non impeccabile, comunque interessante.
In un'epoca in cui i ristoranti sembrano fatti con lo stampino, stessi menu e stessi arredamenti ideati dagli stessi studi di architettura, è un piacere entrare in locali unici nel loro genere, perché sono il risultato negli anni delle personali idee dei vari proprietari.
A questa seconda categoria appartiene l'Ambasciata orsarese.
All'inizio, in passato, proponeva la sostanziosa cucina di Orsara, nella parte montuosa della provincia combinata con i prodotti della fiorente agricoltura del tavoliere in un menu fisso molto abbondante, in cui almeno vino e pane erano prodotti direttamente dalla famiglia.
Con il passaggio di gestione di padre in figlio, c'è stata una curiosa ibridazione.
Dal punto di vista dell'ambientazione, una bicicletta appesa sul soffitto è comparsa in una delle due sale, in mezzo alle tovaglie damascate, ai pesanti mobili anni '50 su cui sono appoggiate vecchie bottiglie e al vecchio chitarrista, verosimilmente di famiglia, che "allieta" l'atmosfera con repertorio di musica leggera italiana.
E nel menu fisso, in cui le porzioni sono talvolta ridotte, a fianco ai piatti tradizionali sono comparsi altri di ispirazione più creativa.
Ad esempio, il giorno che siamo andati noi, un lunedì a pranzo, assieme a piatti tradizionali come il baccalà, fave e cicoria, verdure sottaceto, torcinelli e paccanelli, pancotto con salsiccia, sono arrivati parmigiana di borragine, fiore di zucca ripieno, tartufo nero con uovo di quaglia, cavatelli asparagi, finocchietto e funghi cardoncelli.
L'ordine di arrivo dei piatti, e anche l'intervallo, apparentemente casuali, in realtà sembrano dipendere da quello che c'è da servire agli altri tavoli.
Nei dolci, che quel giorno erano Babà panna e fragole, torta al cioccolato e biscotto di pasta frolla con canditi, la creatività ha evidentemente molta strada da fare. In generale i piatti tradizionali si fanno ancora preferire.
Le bevande invece sono ancora quelle di una volta: il vino orsarese senza etichetta, caffè orgogliosamente fatto con la moka, liquori fatti in casa con bottiglia lasciata sul tavolo.
Il conto è stato di 25 euro a testa, tutto compreso, per un'esperienza seppur non impeccabile, comunque interessante.
Fave e cicoria |
Carciofo ripieno |
Cavatelli asparagi, finocchietto e funghi cardoncelli |
Tartufo nero fresco garganico con uovo di quaglia |
Biscotti di pasta frolla con canditi |
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