martedì 14 ottobre 2014

Tre rossi del lazio


La reputazione del vino laziale è quella che è. Adriano Aiello su Dissapore lo ha scritto in maniera brillante come di consueto.

Roma è la città del vino. Un momento che argomento: la capitale è tutto un susseguirsi di eventi dedicati a Bacco, oltre a essere ricchissima di enoteche, trattorie e ristoranti dove bere molto bene non è affatto difficile. Ma Roma è anche funestata da una produzione locale, o meglio regionale, generalmente mediocre e senza direzione.
Non sorprendentevi allora che l’uscita delle guide di settore riporteranno la solita comprensibile messa sulla situazione straziante del vino laziale.

Non è stato sempre così, anche se il Lazio mai è stato e mai sarà il Piemonte. Due sono le correnti di pensiero per raccontare questa crisi qualitativa:
Il pensiero tecnico secondo il quale la regione, nonostante sia patria di storie e piantagioni vinicole millenarie, non sia particolarmente votata al vino di grande qualità. Probabile ma sicuramente ci sarebbe spazio per dare vita a maggiori prodotti medi che si integrino meglio con il territorio e accolgano l’esigenza di pasteggiare con un bel bicchiere. Vini gastronomici e schietti ma più centrati insomma, senza difetti e discontinuità evidenti tra le denominazioni.
Il pensiero culturale secondo il quale Roma rimane piazza di saperi antichi e rustici, dove orpelli e fronzoli non attecchiscono. È un pensiero retorico che vede nella ricerca di un buon vino da abbinare alle tante proposte gastronomiche della regione una posa spocchiosa; un attentato a quella poesia romantica fatta di tavolate ai castelli, salumi, porchetta e vinello facile e sincero.
L’idea è suggestiva ma tace alcuni fatti: tipo che una dominazione storica come Frascati non produce vini di rilievo dal referendum su monarchia o repubblica. E che lo sfuso delle trattorie romane è spesso al limite dell’imbevibile, oltre a essere servito a temperature spesso criminali.
Nel marasma spicca comunque il nome di qualche cantina che fa le cose per bene: chi rischia, chi interpreta bene i gusti degli autoctoni, chi ci mette l’anima e chi ha il passo del visionario.

 Il testo completo e l'elenco dei loro 9 vini consigliati è qui .

L'elenco garantito da me è invece il seguente:

- Velletri rosso riserva Terre dei Volsci (detto anche collo storto) sui 7 euro anche al supermercato

- Hernicus Coletti Conti sugli 8 euro

- Mater matuta Casale del Giglio sui 25 euro

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